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Confucianesimo
Il Confucianesimo è un antico sistema etico-filosofico sviluppatosi dagli insegnamenti del filosofo cinese Confucio (Kongzi) che si concentra sugli aspetti morali, politici e filosofici della società. A causa della profondissima influenza che ha avuto nell’est asiatico e della promozione dei valori confuciani attuata dagli esponenti di vari governi, col tempo il confucianesimo si è trasformato in un pensiero quasi-religioso, tanto da venir considerato da alcuni vera e propria religione di stato in molti paesi asiatici. Tra i vari paesi influenzati dal confucianesimo, oltre alla Cina, ci sono il Giappone, la Corea, il Vietnam e Singapore.
Uno degli aspetti più significativi degli insegnamenti di Confucio è la superiorità dell’esempio personale rispetto a regole comportamentali prefissate: colui che incarna questo ideale è il Gentiluomo (Junzi), figura tratteggiata in molti dei Dialoghi confuciani e devota alla coltivazione personale, all’emulazione di esempi morali del passato ed al raggiungimento di un abile giudizio: è proprio al gentiluomo che spetta il compito di guidare moralmente il resto della società. In un periodo di profonde divisioni e continue lotte per la supremazia, Confucio si impegnò per restaurare il Mandato Celeste per far sì che fosse concesso ai sovrani di regnare sulla base dei meriti acquisiti e non dei legami familiari: egli sperava nell'avvento di un sovrano-gentiluomo che riuscisse finalmente a riunificare il paese e riportare la pace tra le genti.
Ciò che rese il confucianesimo così popolare garantendone la diffusione era l’accento che veniva posto sui valori fondamentali tipici della tradizione cinese: la lealtà all’interno della famiglia, il culto degli antenati, la pietà filiale e soprattutto l’importanza dei riti. Il significato originario di “rito” era quello di sacrificio, essi svolgevano una funzione fondamentale in tre importanti aspetti della vita sociale: nelle cerimonie associate con i sacrifici agli antenati ed alle divinità, nelle cerimonie osservate nelle istituzioni politiche e nell’etichetta da osservarsi nel comportamento quotidiano. Mentre il popolo credeva nell’origine divina dei riti, Confucio ne sottolineava invece il carattere terreno ed il processo di sviluppo promosso dai saggi sovrani nella storia dell’umanità. Nei suoi Dialoghi egli sembra rimodellare il concetto tradizionale dei riti, abbandonando l’accezione di “azioni canoniche in aderenza agli standard cerimoniali” ed indirizzandosi invece verso “l’insieme delle azioni compiute da un individuo per la costruzione della società ideale”.
Il concetto dei riti era in intima connessione con quello di Giustizia, vista come ciò che è giusto fare in ciascuna specifica situazione. Così le azioni da compiersi attraverso i riti dovrebbero modellarsi in conformità al desiderio di aderire quanto più possibile all’ideale di giustizia. È proprio qui che risiede uno degli aspetti più rivoluzionari e caratteristici del pensiero confuciano: Confucio critica il sistema seguito dalle autorità di impartire punizioni dopo che un crimine sia stato commesso, arguendo che in questo modo il popolo tende a rispettare le leggi senza capirne bene le ragioni. Attraverso l’osservanza dei riti invece si giunge ad un’internalizzazione dei comportamenti che permette al giudizio morale di agire prima che il crimine venga commesso, portando così l’agente a desistere dall’azione criminale.
I riti nel pensiero confuciano possono assumere un ampio numero di significati che vanno dalla semplice cortesia al concetto di proprietà, ma che si concentrano particolarmente sul chiaro intendimento della posizione sociale di ciascuno all’interno della società: i riti dividono così la società in numerose tipologie di relazioni gerarchiche, assegnando a ciascuno la propria posizione sociale e le relative regole comportamentali. Le cinque relazioni principali del confucianesimo sono tra sovrano e suddito, tra genitori e figli, tra marito e moglie, tra fratelli maggiori e minori e tra amici. I membri di ciascuna di queste relazioni hanno specifici doveri da assolvere gli uni verso gli altri e tali doveri continuavano ad obbligare gli appartenenti a ciascuna relazione anche dopo la morte di una delle parti, comportamento questo che ha poi portato alla venerazione degli antenati. Soltanto quando ogni individuo conosce il proprio posto nell’ordine sociale ed esplica i suoi doveri può esserci armonia sociale.
Gli insegnamenti di Confucio vennero successivamente trasformati in un elaborato sistema di regole da numerosi dei suoi discepoli che riorganizzarono appunto tali insegnamenti nei “Dialoghi”. Nei secoli successivi alla sua morte, discepoli quali Mencio e Xun Zi elaborarono l’etica confuciana in due veri e propri sistemi politici diametralmente opposti fra loro: Mencio, basandosi sulla bontà fondamentale della natura umana, incentrò il suo sistema su risposte a quesiti circa il buon governo, la moralità ed i benefici dello studio. Xun Zi invece che credeva nella fondamentale malvagità dell’uomo, basò il suo pensiero su come fosse possibile correggere tale natura attraverso l’aderenza ai riti e lo studio. Alcuni discepoli di Xun Zi si distaccarono poi in modo definitivo dalla scuola confuciana e divennero legalisti, esponenti cioè di un sistema totalitario, basato sulla ferrea applicazione della legge, sistema questo che venne adottato dal primo imperatore cinese Qin Shi Huang e che gli permise di unificare la Cina.
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